Quesito:
Un dipendente responsabile del Servizio Edilizia Privata del Comune, veniva sottoposto a procedimento penale per i seguenti capi d’imputazione:
<<a) art. 56, 81 II comma, 319 quater c.p., perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, abusando della sua qualità di architetto Responsabile dell’Ufficio Tecnico Edilizia Privata del Comune, pertanto pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p., compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a indurre -omissis -.
- b) art. 361 c.p., perché quale pubblico ufficiale (Architetto responsabile del Servizio dell’Ufficio edilizia privata del Comune) ometteva di riferire all’Autorità Giudiziaria l’accertato abuso edilizio costituente reato o commesso dalla -omissis -.
- c) art. 110 e 483 c.p., perché in qualità di committenti delle opere edilizie di cui la SCIA depositata al Comune e della CIA, attestavano falsamente nelle relazioni allegate alle stesse, che le opere edilizie da realizzarsi consistevano in -omissis-, mentre in realtà si trattava di opere ex novo -omissis-.
- d) art. 323 c.p., perché quale pubblico ufficiale (Architetto responsabile del Servizio dell’Ufficio edilizia privata del Comune), nello svolgimento delle sue funzioni, istruiva le pratiche edilizie indicate al superiore capo c), omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio e della propria consorte -omissis- intenzionalmente procurava a sé ed alla propria consorte un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nell’omesso versamento degli oneri accessori, in quanto i lavori erano di nuova costruzione e non di manutenzione straordinaria così come falsamente dichiarato, e arrecando nel contempo un danno ingiusto al Comune per l’omesso introito dovuto>>.
In sede di udienza preliminare si costituiva parte civile il Comune, nella persona del Sindaco Pro Tempore, in relazione a tutti i capi di imputazione.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale penale, con sentenza, condannava il dipendenente per i capi di cui alla lettera a) e b) e riconosceva una somma a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali in favore del Comune.
Per i capi c) e d) veniva assolto.
All’epoca dei fatti contestati al dipendente, il Comune aveva stipulato una polizza tutela legale per i Responsabili del Servizio.
Attivata la Compagnia di Assicurazioni, la stessa, letta la sentenza di primo grado in cui veniva riconosciuta la responsabilità penale del dipendente per le sole ipotesi di cui al capo a) e b) (di natura dolosa), chiede al Comune di di esprimersi con apposita autorizzazione, nelle forme di una Deliberazione di Giunta Comunale, in relazione alla possibilità della stessa di poter liquidare il 50% delle spese legali sostenute, equivalenti ai capi d’imputazione per i quali il dipendente veniva mandato assolto.
In particolare, richiede l’Ente, poiché la polizza non è operante in caso di conflitto di interessi, se tale condizione ostativa sussiste per le ipotesi di cui ai capi c) e d), considerando il loro inserimento in un procedimento penale che ha portato una condanna del dipendente per parte dei capi d’imputazione, nello specifico quelli di cui alle lettere a) e b).
In ultimo, altra condizione per poter procedere alla liquidazione della polizza è la circostanza che i fatti oggetto di assoluzione siano direttamente connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti d’ufficio.
Pertanto, con la presente sono a richiedere se l’Amministrazione Comunale può autorizzare la liquidazione del 50% delle spese legali, sostenute dal dipendente per la difesa in giudizio, atteso che:
(i) nel procedimento penale in oggetto il Comune è stato (ed è tutt’ora parte in quanto in giudizio è pendente in Corte di Cassazione) parte;
(ii) non deve sussistere conflitto d’interessi;
(iii) i fatti oggetto di assoluzione devono essere direttamente connessi all’espletamento del servizio dei compiti di ufficio.
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